Storie di ordinaria arroganza: «E allora? Ci sono poblemi?»

Questo racconto non è un’opera di pura fantasia. I personaggi, i luoghi e i fatti narrati non sono frutto dell’immaginazione e della libera espressione artistica dell’autore. Ogni riferimento a eventi realmente accaduti, a persone realmente esistite o esistenti e a luoghi reali è puramente voluto.

Sono in fila alla cassa prioritaria del supermercato Ipercoop di Reggio Calabria, quello sito nei pressi del Piazzale Libertà. Non farò i nomi dei protagonisti di questa storia tragicomica, semplicemente perché non li conosco.

Aspetto il mio turno con adeguata compostezza, scambiando due chiacchiere con mia moglie che mi sta accanto. Dietro di noi due ragazzi di colore, probabilmente extracomunitari, hanno da pagare poca roba, immagino ciò che mangeranno per cena: una vaschetta di cosciotti di pollo, due, una confezione da sei uova, una bibita in lattina, non ho fatto caso quale. Dietro di loro giunge una donna filippina, anche lei con i propri acquisti, anche lei composta, tranquilla, sorridente. Pure i due ragazzi chiacchierano tra di loro. Li osservo, i vestiti un po’ sporchi. Saranno alla fine della loro giornata di lavoro, forse “in nero”, penso, ma sorridono. Chissà da dove scappano per trovare la nostra Italia un luogo in cui sorridere.

A un tratto la fila si arresta, qualcuno ha scambiato un prodotto per uno in offerta e la cassiera molto disponibile gli concede di andare a scambiarlo con quello a prezzo scontato facendo in fretta che avrebbe atteso il suo ritorno. Il cliente, a dire il vero, non ci mette più di tanto e nel giro di un paio di minuti è di nuovo alla cassa con la giusta marca di riso. Son tempi duri, si risparmia anche sulle piccole cose.

Nel contempo mi accorgo della presenza accanto a me di un signore, che scopriremo in seguito non esser tale. Un tipo tarchiato, con la coppola, il ghigno e un sigaro sgualcito in bocca. Un personaggio. Non era in fila prima ed io sono ormai nei pressi del rullo trasportatore. È il turno mio di appoggiare i miei acquisti e seguirli scorrere fino alla gentile cassiera. È un attimo. Il tipo con fare sicuro fa per appoggiare la sua roba prima di me. Lo guardo. Perplesso e al tempo stesso severo. In una frazione di secondo mi sono chiesto se il soggetto facesse per appoggiare in quanto sprovvisto di cestino e stanco di tenere in mano la merce in procinto di cadergli, ma erano quattro cose, o voleva fare il furbo con disinvoltura disarmante. Con fare deciso inizio a scaricare le mie cose dal cestino, di fatto impedendogli di procedere. Mi guarda. Lo fisso anch’io. La muta comunicazione è chiara. Lui, rinuncia al suo intento.

Quell’atteggiamento tipicamente prevaricatore e arrogante da mafiosetto di turno aveva trovato nella mia risolutezza una barriera insormontabile. Stai a vedere che mi abbia preso per uno di rango superiore al suo.

Il tipo comunque, con una gran faccia tosta, evidentemente, appoggia la sua roba dopo la mia e di fatto scavalca i due ragazzi e la signora filippina. Che soggetto. Con quel ridicolo sigaro spennacchiato. Che prepotente! A questo punto, mentre il rullo scorre, i due ragazzi fanno per appoggiare la loro cena e nel contempo col sorriso fanno presente al tipo in un italiano abbastanza ben parlato:

Ragazzi (R): «Non ti sei accorto che hai saltato la fila, che c’eravamo noi prima?

E il cafone (C): «Come?»

R.: «Eravamo qui in fila noi prima».

C.: «E che poblema c’è?»

R.: «C’eravamo noi, poi la signora», indicando la signora filippina. «Non ti sei accorto?»

C.: «No, non mi sono accorto». Faccia di bronzo. «E comunque che poblema c’è? Ci sono poblemi?», con tono di sfida.

Intanto il rullo scorre. Assisto alla squallida performance di questo italiano, riggitano, pusillanime, con un moto interiore che mi spingeva a intervenire con altrettanta violenza verbale e prendere le parti dei ragazzi. Non l’ho fatto. Probabilmente non ne valeva la pena. Compromettersi, magari se il tipo avesse mal reagito, per cosa poi, meglio lasciarlo per quello che era: un cafone. Lo stesso hanno del resto fatto i civilissimi ragazzi e la civilissima signora filippina. Lo hanno lasciato per quello che è. Lui probabilmente si sarà beato di averla spuntata. Di aver affermato la sua presunta supremazia. Non si sarà nemmeno accorto invece che noi tutti lo abbiamo giudicato per quello che è stato: un cafone, un cialtrone, di quelli che se li guardi storto si ritraggono. Uno di quelli che dalle nostre parti amano imitare i costumi di certa marmaglia mafiosa e fanno i forti coi deboli.

Ma in che mondo viviamo? Ci ritroviamo, in occasione della prossima competizione elettorale, un Salvini che si candida in Calabria con i suoi slogan elettorali contro l’accoglienza e che magari prende pure voti; in televisione il sensazionalismo grida all’uomo nero, che pare abbia fatto a pezzi una ragazza per poi gettarla via dentro due valigie, niente di più di ciò che fa il mafioso italiano quando squaglia un bimbo nell’acido; a Rosarno una donna, di fatto estromessa dalla virtuosa Riace del Sindaco Lucano in nome del rispetto di qualche cavillo burocratico, trova la morte nella tendopoli disumana, ma “regolare”, che facilmente prende fuoco.

Una società malata in cui continua la guerra tra poveri disgraziati. Noi e loro. Un mondo ingiusto: loro, che tra indicibili angherie, riescono ad arrivare qui da noi e sorriderci; noi, che li riteniamo parassiti indegni di rispetto, anche in fila al supermercato.

Chi è l’uomo bianco prepotente? Solo un maleducato. Un disgraziato più di loro, che lo sono per cattiva sorte. Il risultato del diffuso clima di odio che certa politica e certa informazione diffonde e amplifica. Che si sente legittimato a stare al mondo più e meglio degli altri; soprattutto se deboli, con un colore diverso della pelle, ma con un tenero sorriso, che a qualcuno dà fastidio, piuttosto che con la coppola, il ghigno e il sigaro spennato.

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  • Nasce, vive e spera di concludere la sua esistenza a Reggio Calabria. Professionista della comunicazione con particolare riferimento alle relazioni con il pubblico, ha frequentato il 1° Corso di Perfezionamento in Manager della Comunicazione Pubblica presso il Dicam dell'Università degli Studi di Messina ove attualmente studia Scienze della informazione, comunicazione pubblica e tecniche giornalistiche. Esperto in produzione audiovisiva e multimediale e Tecnico pubblicitario, ama scrivere, divulgare, conoscere e confrontarsi.

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