“Sono tornato” nell’anno della nostalgia: dal film di Luca Miniero ai revival in tivù

Sono tornato

Circa un mese fa è uscito nei cinema italiani il film, diretto da Luca Miniero, dal titolo Sono tornato. La pellicola è un remake del film tedesco Lui è tornato (2015), in cui veniva raccontato l’ipotetico ritorno di Hitler nella Germania odierna. Nella versione italiana la disgrazia che torna in vita è incarnata da Benito Mussolini.

Cosa avviene nel film? Un saggio e paterno Mussolini si risveglia a Roma e resta sconcertato dalla visione che gli si pone dinanzi: un popolo di debosciati, di rassegnati, gente che non riesce a lottare per difendere la propria dignità e la propria patria. Di fronte a tutto ciò, inizia un melanconico dialogo interiore in cui il resuscitato si dice profondamente rattristato nel vedere la patria per cui lui “aveva tanto lottato” così ridotta. Durante il film, Mussolini, preso erroneamente per un comico, si trova a tenere interi show televisivi sulle reti nazionali, in cui fa ampio uso della retorica fascista, mentre un pubblico dalla memoria corta un po’ ride e un po’ lo prende sul serio, ma comunque lo apprezza, perché crede che le parole pronunciate dal redivivo duce, in fondo, siano giuste.

Quel pubblico, in fin dei conti, crede che l’Italia abbia bisogno di questo. Dulcis in fundo, il caro Benito mostra un lato paterno quando insegna a un impacciato Frank Matano come essere uomo, come conquistare la donna amata grazie alla virilità, al coraggio e alla mascolinità… e, paradossalmente, la sua tattica funziona: Matano conquista la donna dei suoi desideri grazie ai consigli del benevolo duce. Quasi al termine del film, finalmente, una scena ci riporta con i piedi per terra, rammentandoci, grazie alla voce di nonna Lea, che persona orribile sia stata Mussolini, quanta sofferenza abbia causato quell’uomo che mai più avrebbe voluto rivedere.

Questa la trama del film, o almeno parte di essa. Che dire? Apprezzabile l’intento del regista di far scorgere la problematicità di un popolo (quello italiano) incapace di distinguere comicità e veridicità, pronto a lasciarsi trascinare da qualsiasi qualunquismo senza soffermarsi a riflettere sul potere delle parole che si ascoltano e si assorbono. Tuttavia, l’esito dell’operazione, a mio parere, non è proprio quello sperato. Ciò che più salta all’occhio per buona parte del film è un’umanizzazione della figura Mussolini. Un personaggio, quella del duce, che appare propositivo, pronto ad ascoltare le esigenze del popolo, attaccato affettivamente alla patria tanto da accettare di essere deriso nella veste di comico, purché serva a risollevare le sorti dell’Italia. Una figura, per giunta, che esprime una sincera volontà di aiutare lo sfortunato protagonista, dandogli consigli patern(alistici) e spingendolo a farsi valere. Non manca poi una punta di maschilismo (in Italia non manca mai!), dal momento che la bella collega di Matano cade ai suoi piedi proprio dopo aver ricevuto un messaggio scritto dal duce, in cui traspare la decisione e la determinazione che deve essere tipica dell’uomo forte che si prepara a conquistare la preda.

È curioso pensare quanto bene si incastoni questo film dentro il particolare periodo storico che stiamo vivendo. Se dovessi descrivere con una parola l’annata 2017/2018 userei sicuramente il termine nostalgia. I neofascismi impazzano, gli antagonismi cercano di difendersi, la frase “quando c’era lui” appare sempre più spesso in Rete.

Che anno è questo? Facendo un po’ di zapping in TV ho notato il ritorno di un passato che, onestamente, non so se mi sarei mai augurato di rivedere. Vengono riproposti format televisivi degli anni Novanta, passiamo dal leggero intrattenimento di “Furore” al tanto acclamato, quanto sessista, stereotipato e di cattivo gusto, “Ciao Darwin”; tutti gli spettatori sono lì, attaccati allo schermo, pronti a sbavare per carni scoperte e a ridere per battute anacronistiche. È stato creato addirittura un programma televisivo, “90 Special”, che vede come protagonisti i personaggi più in voga nell’ultimo decennio del secolo scorso. Un anno, dunque, dal punto di vista dei programmi televisivi, votato al ricordo. Nulla che vada avanti, che proponga nuovo intrattenimento, ma solo una malattia delle catene che ci lega al passato, presentatoci come roseo e felice. Cambiando ambito, il risultato non cambia: in politica, quando va bene, la nostalgia ci porta a vedere sui manifesti elettorali il faccione tirato di Silvio Berlusconi. Anche il Cavaliere, col suo sorriso, ci ricorda quel decennio fin de siècle (e oltre) in cui nessuno pensava alla crisi – dimentichiamo però che la crisi è solo l’effetto di qualcosa che è andato storto in precedenza, proprio quando c’era quel simpatico e promettente sorriso alla guida del Paese.

Quando le cose volgono al peggio, la faccia che ci si para di fronte è, di nuovo, quella di Benito Mussolini, diventato inopinatamente leggenda sui social media. Secondo le sconosciute e inadeguate fonti social, l’uomo di Predappio sarebbe stato un eroe, un benefattore che avrebbe donato pensioni, case, patria, cuore e molto altro ancora agli italiani. In pochi sembrano però ricordare il suo vero regalo all’Italia: la dittatura e la conseguente mancanza di libertà, oltreché la guerra col suo portato di morte e devastazione. Come dire… quando c’era lui certamente nessuno avrebbe potuto esprimere la propria opinione né su Internet (e non solo perché non esisteva la Rete) né altrove.

Se questa nostalgia appare in maniera preoccupante sui social, non parliamo delle piazze: manifestazioni intrise di neofascismi e all’insegna di intolleranze varie sono ormai all’ordine del giorno. Cosa dire poi degli altri “valori” passati che sono stati riesumati prepotentemente ultimamente? Perbenismi, grandi slogan in difesa delle fantomatiche famiglie tradizionali, idiosincrasie nei confronti dell’altrui orientamento sessuale, insulti sessisti che si riversano nell’universo mass-mediale come acquazzoni, razzismi, bisogni identitari e totale disinteresse verso un mondo che nel frattempo crolla e muore attorno a noi a causa di guerre e bombardamenti di vario genere.

Se, riprendendo un vecchio adagio, qualcuno mi domandasse: «Invece di andare avanti, stiamo andando indietro?», risponderei senza dubbio: «Sì, a passo di gambero!».

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  • Nasce a Palmi, cittadina della Calabria Sud. Dopo gli studi al DICAM di Messina, tra ermeneutica e politica, decide che è il momento di entrare in contatto con altre realtà. Ha avuto la fortuna di recitare nel film Mediterranea di Jonas Carpignano e di lavorare nel suo successivo film, A Ciambra. Grazie a queste esperienze vede il mondo come non l'aveva mai visto. La voglia di "tastare" tutto ciò che il mondo ha da offrire, la porta a vivere in Romania e a girovagare in autostop nell'est Europa. Adesso si è fermata nel cuore della Pianura Padana perché è lì che insegna, ma è sempre pronta ad armarsi di zaino in spalla e partire!

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