I decreti legge nn. 6 e 14/2020, emanati dal Presidente della Repubblica (art. 87 cost) hanno dichiarato lo “stato d’eccezione” in atto. L’art. 3 del DL n. 6 legittima il Presidente del Consiglio, attraverso propri decreti, a dare specifica attuazione alle misure d’emergenza, affrontandole man mano che si presentano, modulando la rigidità del Diritto rispetto all’urgenza promanante dalla Realtà. In questo contesto di plurimi interventi fin ora adottati, sono state, tra l’altro, “sospese” le norme ordinarie sul trattamento dei dati personali e sanitari, nel senso che TRA I DIVERSI SOGGETTI ISTITUZIONALI chiamati ad affrontare operativamente il virus (medici, sanitari, pubblica sicurezza e protezione civile) i dati sensibili e le cartelle dei pazienti possono essere trasmessi e, quindi, conosciuti, senza le ordinarie cautele, anche con riguardo al consenso espresso. Ovviamente, ciò è legittimato dalla grave situazione epidemiologica accertata dai tecnici e dalla necessità di arginare il contagio per salvaguardare la Vita. Ecco perché, dunque, il questo caso si può ben parlare di “fonte-fatto”, di fonte extra ordinem.
È il fatto, l’evento, l’emergenza tragica a generare infatti il “nuovo Diritto” della temperie in corso, ad aver “provocato” l’adozione del Decreto Legge necessario ed urgente (art. 77 Cost.). Per difendere il Bene giuridico fondamentale, la Vita/Salute pubblica, si sacrificano temporaneamente altri beni costituzionalmente garantiti: la libertà di movimento e la privacy innanzitutto. Tutto ciò è costituzionale? Certo che lo è… Nel senso che il Sistema tutela se stesso deponendo la Norma/Normalità allorquando la Norma, appunto, il libero esplicarsi dei diritti individuali, nuocerebbe gravemente al corpo sociale invischiato nell’eccezione.
Il nostro testo costituzionale non prevede espressamente la dichiarazione dello Stato d’eccezione e il “Chi” della dichiarazione: la Carta, infatti, nata dalla tragedia del fascismo, limita al massimo anche il solo remoto rischio d’emersione d’un nuovo Dictator e, per questo, tace sul punto.
Eppure, la legittimità costituzionale che “copre” gli eventi in corso e le decisioni correlate, emerge dallo spirito del potere costituente insito nel Testo, dalla materialità dei rapporti sociali e giuridici ad esso insiti, e da un’interpretazione sistematica del dettato: tutto questo insieme, infatti, fa emergere la Vita, la Salute, l’incolumità pubblica, la Coesione sociale, la tutela della Repubblica come “valori” (il c.d. quadro assiologico originario e genealogico) essenziali allo svolgersi del moto sociale libero e ordinato.
Di certo, però, va chiarito con forza che tali deroghe, che tale deposizione temporanea e necessaria di diritti sacri, quali quelli all’identità, al nome, alla riservatezza, può essere concretata – secondo regole precise e limitate – solo dagli Organi di Stato e non dai singoli cittadini.
Perciò, divulgare via chat nomi, foto, parentela, dati sanitari, indirizzi, domicilio, di singoli indifesi e inermi (magari malati e ricoverati) realizza precise fattispecie di Reato, altro che pruriginoso diritto di sapere! Per comprendere, in fondo, l’antigiuridicità, inutilità, la pericolosità (anche sanitaria), l’immoralità del gesto riassumibile nell’espressione “dagli all’untore!”, non occorre studiare un saggio giuspubblicistico di Schmitt o di Kelsen…. basta leggere Manzoni, i Promessi Sposi presenti nelle librerie di tutti gli italiani. Ed ecco, davvero, un buon modo per fruttificare il tempo dello “stare a casa” … uscendo salubremente dall’inquinamento ottuso delle tante, troppe chat.
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