La band di origini marchigiane pubblica un album che rappresenta un ritorno alle origini, cioè un ritorno alle radici di quella che rappresenta la loro matrice musicale:la dark wave.
Knocturne è un titolo che indirizza già l’ascoltatore verso un sound più cupo e rarefatto. Si tratta di un lavoro molto omogeneo, ma forse, proprio per questo risulta alla lunga un po’ monocorde.
Probabilmente l’idea di fondo era quella di produrre un concept album, ma successivamente si è sviluppato un percorso diverso, indirizzandosi verso una miscela di sonorità in cui sono presenti post punk e dark wave. Il lato dream-pop è stato abbandonato quasi del tutto, tranne in rari episodi, come in Empty Space.
Il disco si divide in due parti, ognuna delle quali è introdotta da un brano strumentale (atto I e atto II). Da menzionare K, canzone caratterizzata da un bel basso pulsante, che richiama direttamente a Pornography dei Cure. Nella parte conclusiva si incontrano atmosfere più vicine al sound shoegaze anni 90 (Fragment). Ma la perla del lotto è Bengala, avvolgente ed ammaliante, con la voce di Costanza in primo piano, ed una chitarra circolare che non può lasciarci indifferenti.
Senza raggiungere vette assolute i Be Forest si sono ritagliati uno spazio nell’ambito della musica indie italiana. E questo lavoro, decisamente “notturno”, può rappresentare una svolta discografica. Una musica che sa essere concettuale, ma accessibile e diretta nello stesso tempo. Il sipario si chiude, lasciando il singolo ascoltatore alla ricerca di se stesso. I fardelli dell’oscurità sono tra noi.
Voto: 7,5
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