Politiche 2018: fra réclame, superofferte e… il ritorno dei morti viventi

elezioni 2018

Ci avviciniamo al solito appuntamento elettorale delle Politiche qui in Italia e sembra di trovarsi a una fiera paesana. Per analogia mi viene in mente un po’ il calcio mercato, anche se di calcio non mi sono mai appassionato: di politica sì, invece, e me ne rammarico.

Il campionato in questione sono le “elezioni”, e le varie squadre che vi si iscrivono sono partiti e movimenti, spesso ormai frutto di un vero e proprio marketing orientato al cliente, che poi sarebbe l’elettore.
A differenza del calcio, in cui a una certa età i giocatori appendono le scarpette al chiodo, in Parlamento non vi sono limiti di età. Pensate che c’è anche chi viene fatto giocare a vita dal Presidente della Repubblica, ma parliamo di fuoriclasse, ovviamente.

Le nuove squadre vengono presentate al pubblico dei tifosi sciorinando punte di diamante dal curriculum di tutto rispetto. Personaggi che sanno il fatto loro. Veri professionisti. In questo massimo campionato, lo spazio per il vivaio è veramente risicato. Poi se parliamo di giovani promesse, quelle fan più paura che “squadra”. Il salto generazionale in questi casi è d’obbligo, per il bene del Bel Paese, naturalmente. La parte più avvincente è la compravendita dei giocatori, perciò. Possibilmente ciascuno avrà anche l’agente che condurrà per lui le trattative. Travàsi da destra al centro, da destra a sinistra, dal centro al centro moderato, dalla sinistra all’estrema sinistra e così via, in una miriade di combinazioni possibile.

Tanto ciò che conta è la legge elettorale, e ognuno si ritagli la sua fetta di torta! Ognuno chieda il suo collegio blindato, e gli sarà dato. In Italia, se c’è un mercato che non tramonta mai, anzi, è sempre florido di occasioni, è proprio quello del marketing politico. La pubblicità è senza dubbio l’anima di questo vero e proprio commercio. Si parte dallo studio del programma: quasi sempre una specie di minestrone di stagione, che possa il più possibile incontrare i gusti e le tendenze del momento, tenendo sempre a mente il genere culinario preferito dal pubblico di estimatori che si intende raggiungere e conquistare. Si passa quindi ai segni distintivi: la denominazione, il logo, il pay off, il claim (la promessa riassunta in uno slogan), e che siano d’effetto, possibilmente. Una immagine coordinata studiata da fior di professionisti della comunicazione, prestati alla politica dagli scaffali della pubblicità commerciale.

Perché di questo si tratta! Dobbiamo tenere a mente che, a un certo bel momento, questa élite di millantatori si è riscritta le regole del gioco: primo, fra tutti i cambiamenti, troviamo la dichiarazione di morte presunta della tanto vincolante ideologia. Una vera svolta in fatto di progresso del pensiero. Anni di sforzi culturali, battaglie di principio, spesso in favore degli ultimi, delle classi sociali più deboli, economicamente e di conseguenza socialmente, sono stati gettati nel gabinetto. Termini come rottamazione, abusati solo come réclame, in realtà hanno fatto da preludio ad una vera e propria demolizione dello stato sociale. La demolizione in questione, ricordiamolo bene, è opera degli stessi che oggi vogliono riedificare, come si trattasse di un gioco fatto con i mattoncini della Lego.
Un esempio tra tutti, ridondante nelle pagine dei giornali su carta stampata e on line, sui tiggì nazionali e nelle tribune politiche in salsa di par condicio: l’articolo 18 del fu Statuto dei lavoratori. Quella leggina del 1970 che probabilmente sarà ormai stata cassata anche dai piani di studi in materia di diritto del lavoro e sindacale per far largo all’anglofono Jobs Act del rottamatore per antonomasia: quello di Firenze, anzi, di Rignano sull’Arno.

Una vicenda che oserei definire tragicomica e che fa venire in mente quel Tafazzi di televisiva memoria che usava tormentarsi gli zebedei con una bottiglia, cantando e ballando. Sì, perché l’articolo 18 in questione, che, per inciso e senza scender troppo nei particolari della norma, tutelava il lavoratore contro i licenziamenti arbitrari da parte del datore di lavoro, mica l’ha abrogato, che so io, un più probabile Berlusconi. Macché, lo hanno abrogato gli eredi della sinistra storica! Quella sinistra che al tempo in cui i sindacati erano dei lavoratori produsse conquiste sociali di tutto rispetto. Un governo espressione di un Parlamento prevalentemente schierato a sinistra, nel quadro di un’alleanza parlamentare assurda, intessuta con buona parte della destra italiana. Un “governissimo” composto all’indomani di quelle elezioni del 2013 che di fatto hanno spiazzato gli habitué di Montecitorio e Palazzo Madama.

Oggi, a valle di cinque anni di legislatura, fatti di rottamazioni a sinistra e demolizioni a destra e a manca, puntualmente approvate dal Parlamento, ci si appresta ad affrontare la prossima competizione rimescolando il mazzo. Altro giro, altre puntate, signori! Così, i rottamati, sempre per stare all’esempio, ma si potrebbe scrivere un trattato su questa materia, risorgono dalle ceneri come un’araba fenice e vengono a raccontarci che sono ancora vivi e pronti a restituirci ciò di cui loro stessi ci hanno privati. Che facce toste! Mi viene da pensare che chi ha suggerito loro il nome li abbia pure presi per i fondelli emettendo fattura… Liberi di continuare a prenderci per il sedere, e uguali agli altri, a quelli che sedevano prima sugli scranni del palazzo.

Ma ne volete di più? In un paese in cui vigesse la democrazia dell’alternanza, ogni stagione dovrebbe avere i propri protagonisti, dare spazio alle energie migliori del momento. Da noi alternanza ha da sempre significato una specie di turnazione fra i soliti notabili: l’ultima volta eri al governo tu, oggi tocca a me; oggi a me, domani a te.

Liberi di farlo, sempre gli stessi: uguali. Fantastico il progetto di questi geni del marketing. Altro che pubblicità ingannevole! Qui gli imbecilli siamo noi elettori che non riusciamo mai a capire chi abbiamo davanti.
Mi convinco sempre più che il nostro è un Paese in cui l’etica, se mai presente in passato, tra affari sporchi di servizi deviati, rapporti Stato-mafia e ragion di Stato, è morta e sepolta. Sepolta nelle scuole che evidentemente non riescono a sopperire alla distanza creata tra giovani e politica; sepolta dai partiti che non rappresentano più istanze sociali, ma la loro autoreferenziale e squallida nomenclatura; sepolta dalle istituzioni repubblicane, che hanno tradito la Carta costituzionale, sacrificando intere generazioni in nome del Pil e del famigerato patto di stabilità imposto dall’Europa dei banchieri e dell’alta finanza.
Non resta perciò che approfittare dei prodotti in offerta speciale sui “volantoni” dell’ipermercato elettorale. Tra prodotti innovativi, trasgressivi, di rottura con il passato e grandi ritorni sugli scaffali, ma per un periodo di tempo limitato, di prodotti per i quali i sondaggi di gradimento segnalano una grande richiesta: i classici prodotti civetta da sottocosto. Normale che a proporli siano spesso gli stessi che un tempo li ritirarono dal mercato; d’altronde, rimangono loro i padroni del vapore.

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  • Nasce, vive e spera di concludere la sua esistenza a Reggio Calabria. Professionista della comunicazione con particolare riferimento alle relazioni con il pubblico, ha frequentato il 1° Corso di Perfezionamento in Manager della Comunicazione Pubblica presso il Dicam dell'Università degli Studi di Messina ove attualmente studia Scienze della informazione, comunicazione pubblica e tecniche giornalistiche. Esperto in produzione audiovisiva e multimediale e Tecnico pubblicitario, ama scrivere, divulgare, conoscere e confrontarsi.

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