L’ultima opera del francese Olivier Assayas, premiata a Cannes 2016 per la miglior regia, risulta essere una delle operazioni più interessanti del panorama cinematografico degli ultimi anni.
Se il precedente lavoro di Assayas, Sils Maria, raccontava la storia di una donna e della sua incapacità di gestire lo scorrere del tempo, attraverso il filtro del teatro, in Personal Shopper, Assayas cerca qualcosa di diverso, pur partendo dalle stesse premesse. Anche qui troviamo la stessa interprete, Kristen Stewart, ma nelle vesti di un’assistente presso una agenzia di moda (personal shopper).
La trama si articola apparentemente secondo i canoni di una ghost story in piena regola. La protagonista Maureen, infatti, instaura un rapporto simbiotico con il fratello gemello, al punto che, dopo l’improvvisa morte del giovane, continua a comunicare con lui sotto forma di segno, come si erano promessi anni prima. In realtà, il film risulta strutturato prendendo in prestito il genere thriller-horror e l’opera risulta molto più complessa di quello che appare ad uno sguardo distratto. Film di doppi, di figure evanescenti, di ectoplasmi che vagano nei corridoi della casa abitata un tempo dal fratello morto. Ma soprattutto ciò che emerge in maniera evidente è la contrapposizione tra il mondo terreno, quello del divismo, dove l’immagine è in funzione della spettacolarizzazione, e dall’altra parte il mondo ultraterreno, quello dei fantasmi, cui si accede grazie alle doti di medium di Maureen.
Personal shopper racconta esattamente l’immaginario da noi stessi prodotto che si mescola col reale, i rapporti che sono innescati dalle web-chat-sms, il mondo liquido che ci circonda e le nostre frequenti relazioni evanescenti.
«Cinema coraggioso quello del regista francese, libero di esprimersi», afferma Emanuela Martini (Cineforum n. 564/2017). Il successo che il film ha riscosso nell’ambito della critica cinematografica risiede proprio in questo: l’abilità del regista di creare un’opera immersa nel nostro tempo, pronta a cogliere le nostre insicurezze, i nostri tormenti interiori che spesso si intrecciano su uno schermo, piuttosto che nella vita reale.
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