Marco Pannella: un ricordo a due anni dalla scomparsa del leader radicale

Marco Pannella

Il 19 maggio del 2016 ci lasciava Giacinto Pannella, detto Marco. Due anni senza di lui. E ci manca e mi manca: sì, l’ultimo gigante del Novecento chissà cosa avrebbe detto di questo circo di nani, teatro dell’odierna situazione politica italiana. Certo, per molti è quello degli scioperi della fame, il matto, il provocatore, il traditore, il voltagabbana, l’eretico. Tutti titoli onorifici dal suo punto vista. Dal mio, un visionario. Uno di quegli uomini che riescono a capire il presente e (pre)vedere il futuro.

L’ho incrociato di sfuggita durante un Congresso dell’associazione Radicali Italiani, l’ho ascoltato dal vivo e durante le interminabili sessioni radiofoniche di Radio Radicale. Non mi conosceva eppure riusciva sempre a farmi entrare in contraddizione. Me con me stesso. Come? Mai capito! È stato lui a scardinare le mie certezze, che credevo solide e invece erano fragilissime. È stato lui a regalarmi l’onestà intellettuale, l’amore per il nemico («L’odio è degli stronzi»), a insegnarmi a gettar via i paraocchi delle ideologie («Io non credo nelle ideologie, non credevo nelle ideologie codificate e affidate ai volumi rilegati e alle biblioteche e agli archivi. Non credo nelle ideologie chiuse, da scartare e usare come un pacco che si ritira nell’ufficio postale»), a donarmi l’importanza maggiore del “con-vincere” (vincere insieme) anziché del “vincere”.

Mai interessato alla poltrona, ha spesso rifiutato incarichi di prestigio, ha sovente utilizzato la campagna elettorale come strumento di conoscenza e non di mero trionfo personale o partitico, anche se ha sempre lottato per avere un radicale nelle istituzioni. Poi però i grandi risultati… li ha ottenuti “fuori” dal palazzo: aborto, divorzio, servizio militare, con la gente, tra la gente e per la gente. Tagliata fuori dalla partecipazione democratica a causa del furto della scheda referendaria, ma anche oppressa dal regime soffocante dei partiti, delle caste (magistrati, giornalisti, sindacati…), del Vaticano. Tra i suoi amici e sostenitori, gente del calibro di Sartre e Ionesco (che si definiranno “affascinati” dal Toro di Teramo), del Dalai Lama, di Sciascia e Vittorini, di Pasolini e Sacharov e, perché no, di Vasco Rossi. Pannella ci ha lasciato un vuoto incolmabile: chi, oggi, nel panorama politico italiano, spenderebbe anche una sola parola, magari durante l’agone elettorale, a favore dei detenuti, degli ultimi fra gli ultimi, dei froci, dei drogati, delle mignotte, dei criminali e dei terroristi? Nessuno.

Eppure sono essere umani e spesso a loro volta più vittime che carnefici. E ancor più spesso poi trattati come bestie nelle nostre carceri infami e anticostituzionali. Ecco, la Costituzione: certamente sacra, non del tutto intoccabile e mai vista dal leader radicale come un feticcio da sventolare in piazza in cerca di consensi. Semplicemente da rispettare. Tutta. Anche e soprattutto nel dimenticato art. 27 che sarà la “bibbia” di tutta la galassia radicale. Pannella: un uomo oltre. Oltre lo “schifo”, quando portò in Parlamento Cicciolina tra lo sdegno moralista di tutto il paese (però poi andiamoci a leggere gli interventi dell’On. Staller su temi come la sessualità o di costume in genere: illuminanti!); oltre lo scandalo, quando dinanzi ad un’esterrefatta Alda D’Eusanio, nel solito, pigro pomeriggio televisivo di Rai Due, mostrò una bustina di marjuana per le lotte antiproibizioniste; oltre finanche la legge, quando la infrangeva volontariamente per mandare in crisi il vetusto ordinamento giudiziario italiano; oltre ogni sforzo umano, quando faceva del suo corpo l’unica, vera “arma” nonviolenta per sensibilizzare il parlamento dinanzi alla palese violazione dei diritti umani su temi come carcere o 41-bis.

Scioperi della fame à gogo e mai intesi come ricatto allo Stato, bensì come avvertimento: stai attenta, Repubblica Italiana… se non rispetti le tue stesse leggi, mi lascio morire. Marco ci manca. Mi manca. Da due anni siamo un po’ più soli. Ebbe a dire di lui Pasolini: «Il rispetto per la persona – per la sua configurazione profonda alla quale un sentimento della libertà la cui formalità sia intesa come sostanziale permette di articolarsi ed esprimersi a un livello per così dire “sacralizzato” da una ragione laica, rispetto anche alle più degradate idee politiche concrete – è per Pannella il primum di ogni teoria e di ogni prassi politica. In questo consiste il suo essere scandaloso. Uno scandalo inintegrabile, proprio perché il suo principio, sia pure in termini schematici e popolari, è sancito dalla costituzione». Ora, a due anni dalla sua morte, non rimane che il ricordo (perso purtroppo in stupide diatribe tra pannelliani e antipannelliani, nel mondo radicale). Un eterno ricordo.

A cura di Claudio Marengo – Iscritto al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito

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