Leggendo il libro “Annientamento” di Jeff VanderMeer mi è sembrato doveroso fare una riflessione su colui che viene considerato uno dei padri fondatori della fantascienza: James Graham Ballard.
Nato a Shangai nel 1930, internato nei campi per prigionieri civili in Giappone, lo scrittore inglese ha sviluppato la sua predilezione verso la fantascienza dopo aver fatto alcuni studi in medicina. La sua non è una fantascienza classica, come ad esempio i viaggi nello spazio; nei suoi testi sono più presenti la decadenza della società e le catastrofi del futuro prossimo.
Caratteristica principale della sua scrittura è la descrizione del paesaggio, che fa da contraltare rispetto alla psicologia dei personaggi. Per Ballard non vi è alcuna differenza sostanziale tra spazio esterno e spazio interno, in quanto la vera differenza consiste nel modo di percepire.
L’ambiente descritto nei suoi romanzi è un ambiente che allaccia ambigui e profondi legami con l’immaginazione dei personaggi narrati.
Uno dei libri più belli che ho letto che mi è rimasto impresso per le sensazioni che provoca è senza dubbio alcuno Terra bruciata. Pubblicato nel 1965, il romanzo parla di siccità ma lo fa in modo non convenzionale. Invece di utilizzare immagini di deserto ed arsura (presenti comunque nella storia), lo scrittore britannico descrive un mondo caratterizzato dall’assenza di acqua, l’acqua che si ritira, milioni di metri cubi depurati per ottenere acqua potabile.
Ed infine il mare come meta irraggiungibile. Un immaginario che mai come oggi ci sembra attuale, poiché mai come nel nuovo millennio l’umanità deve fare i conti con la mancanza di acqua – elemento vitale.
«La siccità che affliggeva il mondo ormai da cinque mesi era conseguenza della mancanza d’acqua che negli ultimi lustri aveva torturato sempre più estese zone della Terra. Malgrado i tentativi da parte di tutte le nazioni per provocare la pioggia, le precipitazioni erano diventate sempre più scarse. Infine, quando era stato chiaro che non poteva piovere perché non c’erano nuvole, non si era più tentato niente. A questo punto l’attenzione era stata rivolta alla più genuina fonte di pioggia, la superficie dell’oceano, da cui l’acqua avrebbe dovuto evaporare. Era bastato un superficiale esame scientifico per capire che le origini della siccità si trovavano lì. Si era scoperto che sulla superficie delle acque di tutti gli oceani del mondo, a una distanza di circa mille e cinquecento chilometri dalla costa si stendeva una sottile ma elastica pellicola monomolecolare formata da un complesso di polimeri a catena lunga, dovuta alla incredibile quantità di rifiuti industriali scaricata negli oceani durante i cinquant’anni precedenti. La robusta membrana permeabile all’ossigeno, era distesa sul pelo dell’acqua, e ne impediva quasi completamente l’evaporazione. Questa vendetta del mare aveva sempre impressionato Ransom per l’atrocità della sua giustizia elementare. Le pellicole di alcool cetilico venivano usate da molto tempo per impedire l’evaporazione dell’acqua delle riserve, e la natura aveva semplicemente esteso il principio su scala macro-scopica incrinando, dapprima impercettibilmente, l’equilibrio degli elementi». (cit. Terra Bruciata – J. G. Ballard)
James Graham Ballard è diventato famoso anche per aver coniato un termine, “inner-space”, cioè spazio interiore, poi abusato e deformato da altri scrittori meno bravi e talentuosi di lui. Paesaggi bellissimi ma deserti e apocalittici rappresentano la metafora dello spazio interiore dell’uomo del XX secolo. Come lo sono state le catastrofi bibliche del mondo antico. Ed infine come il mondo distopico della biologa, descritto da Vendermeer nella Trilogia dell’Area X.
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