Rivolta.
Deriva dai termini rivòlto e rivòlgere e possiede il significato di “ribellione”.
Cos’è, effettivamente, però, una rivolta e come la conosciamo noi oggi?
Citando il dizionario Treccani, una rivolta, nel senso del termine che intendiamo specificare adesso, è l’azione di ribellarsi ad un potere di grado maggiore a quello detenuto da chi la mette in atto, è maggiormente estesa rispetto ad una sommossa e meno ingente di una rivoluzione.
In un contesto odierno, la prima rivolta di cui potremmo parlare, se ben ci pensiamo, è quella creata dai cosiddetti “gilet gialli” in Francia, nata, a livello di causa scatenante, dall’aumento delle accise sulla benzina, cosa che mette non poco in difficoltà coloro che abitano alla periferia delle grandi città e che vivono in condizioni economiche precarie.
Partendo dal mese di novembre in avanti, al movimento iniziale si sono accorpate anche altre associazioni, come gli LGBT, persone che desiderano ottenere un taglio generale della tassazione, la caduta del governo, una nuova assemblea dei cittadini e così via.
Questo sta a spiegare come, unita dalla ricerca di una risposta comune e collettiva, la gran parte dei cittadini sia portata ad insorgere.
Ma da cosa nasce la rivolta?
Prende campo, soprattutto dall’ambito politico, in contrapposizione a quella che è un’idea socialmente considerata inadatta a soddisfare le richieste di una data popolazione, un male non necessario che merita di essere estirpato. Si tratta di una condizione accentuata nel periodo odierno dai fattori psicologici ed ambientali che hanno modificato, inevitabilmente, la nostra vita e dalle differenti richieste della contemporaneità. La rivolta ha quello che possiamo definire un denominatore comune che può essere associato a tutti i soggetti che decidono di farne parte: l’insofferenza, associata all’instabilità politica e canalizzata verso l’espressione delle volontà libere che compongono un paese.
L’incertezza ci spinge ad agire piuttosto che a rimanere agiti, e questo comporta, inevitabilmente, la scelta di non sottostare alla morsa ferrea di un determinato potere.
Per questo, importante è dire che si tenta, quasi sempre, in questi casi, di indagare ciò che è stato ed ha composto il passato per cambiare il futuro in una situazione di incertezza nel tempo presente.
E’ una sorta di odi et amo contingente al bene della vita e della soddisfazione del bisogno collettivo.
A tal proposito, possiamo mettere a confronto le espressioni del pensiero di due grandi donne e volti della storia che, in qualche modo, sono accostabili pur nelle loro differenze.
Rita Levi Montalcini, difatti, affermava che: “Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi” e, d’altro canto, Emanuela Breda diceva: “Manifestare con la violenza per una giusta causa significa non solo invertire l’intenzione, ma anche andare a colpire persone innocenti”.
Ebbene, sta a noi scegliere quotidianamente da quale parte stare ed a quale faccia della moneta appartenere, ma facciamolo con cautela: alcuni pacchi sono più difficili da scartare e contengono responsabilità grandi, tenute insieme dal fiocco della coerenza e dal nastro della coscienza.
Articolo di Jole Lorenti
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