La crisi della musica su disco
Ricordo ancora con emozione le mie incursioni nei negozi di dischi della mia città. Entravi ed eri subito accolto dal negoziante che ti illustrava le novità discografiche del momento. In alcuni casi c’era a disposizione qualche rivista specializzata per poter leggere le recensioni in caso di dubbi sull’acquisto. C’era una bella atmosfera, si parlava di musica davvero, si ascoltavano i vinili e si andava alla ricerca della band del momento, oppure si rischiava con qualche nuovo artista indipendente. Ed ancora vivido il ricordo come fosse ieri quando uscì il nuovo album Achtung Baby degli U2, poi diventato icona degli anni Novanta.
Purtroppo oggi, dopo circa trent’anni sono lontani quei tempi, se non altro per la quantità di musica digitale che ci travolge quotidianamente. Il sound liquido è la regola, il negozietto di vinili quasi in via di estinzione.
Lo streaming è un fenomeno in continua espansione
Il fenomeno dello streaming ha costretto il musicista a pagare le piattaforme come Spotify al fine di poter avere maggiore guadagno. Gli appassionati autentici di musica sono ormai troppo pochi per giustificare la produzione di cd e Lp. In pochi anni abbiamo perso la magia del disco, della copertina da toccare, il supporto fisico è ormai un oggetto vintage per collezionisti, oppure merce cara da acquistare presso qualche mercatino dell’usato sparso in giro.
Per questo motivo l’introito maggiore deriva dai concerti, il cui prezzo è lievitato alle stelle. Anche il dj in alcuni casi viene sostituito da un computer, capace ormai di far suonare da solo le playlist di tendenza. Ed i talent shows spesso non fanno altro che abbassare il livello qualitativo degli artisti, facendo il gioco delle major digitali.
Come già sostenuto dal giornalista Craig Havighurst, siamo davvero arrivati alla disumanità della musica. Ed i nostri figli non potranno più dire che “la musica mi ha salvato la vita”.
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