Di masturbazione femminile non si parla quasi mai o comunque sempre troppo poco. A parte i luoghi comuni e i pregiudizi che considerano la masturbazione in generale un surrogato meno nobile e molto più triste del sesso, da praticare quando sei disperato e non ce la fai più, quella femminile soffre, in aggiunta, anche dell’insopportabile paragone con quella maschile. Abbiamo dovuto tutti, almeno una volta nella vita, ascoltare il genio di turno che dice: “la masturbazione maschile è legata a una necessità fisiologica, anzi, meglio ancora, biologica. Se l’uomo non si masturba dopo un po’ di tempo finirà in ospedale (!). La donna invece NON NE HA BISOGNO”. Un simile ragionamento tanto comune quanto pericoloso oltre a incasellare l’uomo dentro dei parametri naturali con la relativa giustificazione assiomatica tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato fare, istituendo in questo modo un vero e proprio giudizio di valore, condanna la prospettiva femminile nello stesso tempo a una totale ignoranza dell’anatomia umana e a portare un pesante fardello costituito per una metà da un inconscio senso di colpa e per l’altra metà da quella sensazione viscida e appiccicosa di vergogna imbarazzante verso il proprio corpo e i propri desideri.
Una tale attitudine verso la masturbazione femminile, poi, oltre a essere distorta e arretrata (come sarebbe bello se riuscissimo a parlarne tranquillamente!) risulta annichilita dal totale pansessualismo di cui siamo ricoperti. Bisognerebbe tornare a leggere le pagine di Michel Foucault sul sesso, quelle in cui dice (siamo nel ’76) che, contrariamente a quanto afferma Marcuse, nella nostra società il sesso è dappertutto e in ogni luogo, siamo circondati dal proliferare continuo e inarrestabile di discorsi sul sesso (sul come farlo, quando farlo, perché farlo, sulle malattie, i diritti, i divieti e i tabù) tanto che ne abbiamo fatto una scienza. La scientia sexualis. Altro che censura! Anche i non-detti, i non-visti (si pensi a tutte le scene dei film in cui non si mostra il sesso ma solo si rinvia a), fanno parte dell’enorme apparato discorsivo sul sesso che ha lo scopo di regolamentare e gestire la nostra sessualità. Tutto ciò che appartiene alla galassia del sesso, paradossalmente anche il silenzio sulla masturbazione, serve al potere per decidere dei nostri corpi e dei nostri desideri, per darci una forma e un ordine.
La masturbazione quindi si presenta ancora oggi, quarant’anni dopo rispetto a quando scriveva Foucault, nella forma del silenzio, del tabù, del non-si-dice-non-si-fa. Trascina con sé un riserbo e un pudore ottocentesco – come ciò di cui mi vergogno di parlare – che è funzionale a quello che il potere (senza dare a questa parola nessuna caratura statuale, ma, à la Foucault, i dispositivi che ci governano) vuole. In breve la masturbazione “deve” restare in questo limbo, con questa lettera scarlatta di spazio anonimo, senza rappresentazione, senza espressione, senza visione. Al potere serve che i discorsi sulla masturbazione restino opachi e un po’ confusi per amministrarla meglio. Una dimostrazione di ciò potrebbe essere rinvenuto in tutto l’apparato dell’industria dell’immagine, in primo luogo film, telefilm, ma anche video musicali ecc. Fateci caso: nei film si masturbano solo i bambini di 12 anni, anno più anno in meno, che hanno appena scoperto il loro corpo, fase che viene immediatamente superata appena fanno per la prima volta sesso; si masturbano solo le lesbiche, perché, va da sé, sono lesbiche; e forse qualche triste uomo solo sull’orlo del suicidio. Questa visione fallologocentrica dell’immaginario collettivo che ignora il mondo variegato e meraviglioso della masturbazione femminile è veramente dura da abbattere.
Proprio l’altro giorno però ho incontrato un piccolo bagliore di luce, piccolo segnale che scalfisce un’architettura di silenzio e vergogna. In un episodio di Jane the Virgin, una serie americana, sanza infamia e sanza lode, di Netflix, per la prima volta ho visto trattare il tema della masturbazione femminile in un modo divertente, simpatico e leggero. La nonna della protagonista, Alba, venezuelana, vedova e ultracattolica, lascia il fidanzato, Jorge, proprio dopo che quest’ultimo le ha chiesto di sposarla. Alba soffre moltissimo perché in realtà lo ama ancora ma confessa a Jane di avere paura di mettersi a nudo di fronte a un altro uomo diverso dal marito e doversi così confrontare dopo tanto tempo con la sua sonnecchiante sessualità. Jane senza esitazione la accompagna in un sexy shop e le fa comprare un vibratore. È vero, il vibratore non viene mostrato mai, ma il dibattito tra la nonna morta di imbarazzo e la nipote che le dice che deve imparare di nuovo a conoscersi, ad amarsi e a superare i limiti che la sua religione le ha imposto, oltre a essere spassoso, introduce, a mio avviso, un’enorme novità rispetto alle solite dinamiche da telefilm americano.
Jane non invita la nonna a masturbarsi perché si sente sola, non ha un compagno o non fa sesso, ma perché, ed è questa secondo me la profonda differenza, non ha un’opinione peccaminosa della sessualità. Le dice che masturbarsi (è vero non si utilizza mai il verbo) significa conoscere il proprio corpo, che darsi piacere non è un male anzi rappresenta un modo per prendersi cura di sé, amarsi e piacersi. Solo dopo che avrà riaperto questo discorso con se stessa, da tempo accantonato, potrà, le dice Jane, affacciarsi all’idea di fare sesso con un uomo senza paura, con sicurezza e con consapevolezza. Il messaggio che sembra inviare mi sembra sia esattamente opposto a quello del senso comune, vale a dire la masturbazione come sostitutivo della mancanza di sesso; per farsi compagnia in un momento di solitudine. Al contrario in quell’episodio si parla di una masturbazione come propedeutica al sesso; un cammino che bisogna fare da soli perché si viva con maggiore piacere e gioia quello che si fa in due (in tre, in quattro…). Aggiungo che nonostante io sia dell’opinione che la masturbazione dovrebbe essere presa in considerazione di per se stessa, senza il bisogno di una giustificazione fuori di lei, come se vivesse necessariamente di luce riflessa, mi pare che nel suo piccolo gli autori di questo episodio lancino un messaggio interessante, originale e anche positivo. A parte il fatto che la persona in questione è un’anziana, si prova in questo episodio a sdoganare con ironia un tema da sempre affrontato con la serietà del tabù. Sebbene inconsapevolmente – non sono sicura che gli autori abbiano letto Foucault – tentano di sollevare il manto di silenzio sotto il quale la masturbazione femminile dorme e sotto il quale alla nostra forma di governamentalità conviene che stia.
Vi segnaliamo che a breve su Suddiario partirà la rubrica L’altro corpo. Il sesso dentro e contro il potere. Inviate a suddiario@gmail.com i vostri quesiti sull’eros, domandando anche ciò che non avete mai osato chiedere finora.
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