Il volume di Massimo Recalcati L’ora di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento (2014) ha avuto l’enorme merito di rimettere al centro la dimensione vocazionale dell’insegnamento. Il docente, come il filosofo, si pone in un rapporto di tensione desiderante verso l’oggetto d’amore. La docenza non può ridursi a mera trasmissione di nozioni, a una scuola burocratizzata e a una professionalità asservita agli schemi di un’istituzione declinata in senso aziendalistico.
Queste istanze vocazionali, ricordate da Recalcati nella recente ultima puntata del format televisivo di Rai 3 Lessico Famigliare, possono trovare eco anche in un’aula di tribunale. Certamente si tratta di contesti differenti e di considerazioni di merito altre rispetto all’avvio del nostro discorso, ma, pur nell’eterogeneità, mi sembra di poter indicare una chiave di lettura comune: l’imprescindibilità della vocazione per un esercizio Alto della docenza.
Il caso giudiziario menzionato poc’anzi fa riferimento ad una pronuncia della Sezione Lavoro del Tribunale ordinario di Reggio Calabria, che dichiara illegittimo il modus operandi del M.I.U.R. in relazione al bando di concorso D.D.G. 82/2012, a mezzo del quale venivano indetti, su base regionale, concorsi per titoli ed esami finalizzati alla copertura di oltre undicimila cattedre su posto comune e di sostegno nelle scuole di ogni ordine e grado.
La vicenda riguarda due docenti con abilitazione all’insegnamento della disciplina A037 (oggi A019), Filosofia e Storia, per la scuola secondaria di II grado, con ulteriore specializzazione per le attività didattiche di sostegno, le quali, pur collocandosi utilmente nella graduatoria (per la disciplina di Filosofia e Storia) del concorso pubblico 2012, non erano state immesse in ruolo su posto comune, essendo le cattedre disponibili insufficienti, bensì su posto di sostegno, con conseguente depennamento dalle graduatorie di merito del bando di concorso in questione.
In effetti, con una semplice nota successiva al bando, il M.I.U.R. prevedeva che «l’accettazione o la rinuncia nell’ambito del medesimo anno scolastico di una proposta di assunzione a tempo indeterminato su posto di sostegno consentono di accettare nello stesso anno scolastico e nella stessa provincia successiva proposta per altri insegnamenti di posto comune sulla base della medesima o altra graduatoria», senza riconoscere tale facoltà anche per gli anni successivi all’immissione in ruolo su posto di sostegno.
Dunque, il nodo cruciale della questione era se le ricorrenti, utilmente collocate nella graduatoria di merito su Filosofia e Storia, potessero essere convocate per le nomine in ruolo su posto comune negli anni scolastici successivi all’accettazione della proposta per insegnante di sostegno.
Le docenti, assistite e difese dagli avvocati Rosa Cilea e Angelo Pugliatti, entrambi del Foro di Reggio Calabria, hanno vinto il ricorso sostenendo, tra le altre tesi difensive, la violazione del diritto di mantenere la posizione utile raggiunta nella graduatoria di merito, in modo tale da poter accedere alla classe di concorso su posto comune negli anni scolastici successivi all’immissione in ruolo, alla luce del fatto che sul punto il bando non prevedesse alcun divieto per i docenti che, abilitati sia all’insegnamento su posto comune sia alle attività di sostegno, volessero optare, nel corso dei successivi anni scolastici, per il trasferimento da una tipologia di posto all’altra.
Accogliendo il ricorso spinto dagli avvocati reggini, il Tribunale ordinario di Reggio Calabria, in funzione di Giudice del Lavoro, con sentenza pubblicata il 17.05.2018, ha statuito che le docenti, seppur già immesse in ruolo su posto di sostegno, hanno diritto di restare inserite nella graduatoria di merito per l’eventuale opzione sul posto comune, in quanto nessuna norma di legge o del bando di concorso D.D.G. 82/2012 lo negava.
Sgombro il campo da ogni dubbio: le attività di sostegno costituiscono una dimensione centrale per una scuola autenticamente inclusiva. Tuttavia, la scelta del sostegno non può essere fatta per ripiego o, peggio, per colmare lacune di sistema, anche perché il supporto fattivo agli allievi con particolari esigenze educative fa riferimento, ove possibile, a una sfera vocazionale ancora più accentuata. Ecco perché le docenti, depennate illegittimamente dalla graduatoria di merito su posto comune, si son viste private della possibilità di insegnare secondo il proprio desiderio e in ragione dei propri meriti. Parafrasando ancora Recalcati, compito del maestro non è quello di trasmettere il sapere, ma di portare il fuoco.
Insegnare significa bruciarsi al fuoco del sapere e accenderlo negli allievi per contagio. Per poterlo fare, è necessario che il desiderio dei docenti non venga spento dalla burocrazia della scuola-dispositivo, dall’inquadramento degli organici secondo logiche quantitative ed emergenziali, dal prevalere della strumentalità sulla missione. Una scuola di docenti innamorati della propria disciplina è il miglior antidoto contro l’impoverimento della società, contro l’anedonia depressiva denunciata dal compianto Mark Fisher.
La mortificazione del desiderio degli insegnanti mortifica quello degli allievi. Questo il M.I.U.R. non dovrebbe mai scordarlo.
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