“Iddio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva modellato” (Gen 2,8)
Chi lavora nel verde pubblico è coartefice di una storia che si perde nella notte dei tempi e che puntualmente si ripete con il succedersi delle stagioni.
Tra tutti i settori delle Pubbliche Amministrazioni il Verde Pubblico è l’unico che opera su materiale vivo: filo d’erba, fiore, cespuglio, siepe, albero. Sovente al vegetale si accompagnano esseri viventi animali (insetti, uccelli, micromammiferi, rettili) che costituiscono con l’uomo un ecosistema fragile ma indispensabile per la sopravvivenza reciproca. Se non si assicura sin dal momento della “costruzione” una manutenzione continua, tempestiva, specifica, il giardino scompare: il filo d’erba diventa paglia, il fiore appassisce, l’albero muore.
Nello stesso tempo, quale componente organica, vivente e “naturale”, in continua evoluzione nel tempo e con il variare delle stagioni, tradizionalmente esclusa dagli spazi delle città preindustriali, il verde urbano si ritrova ad essere un aspetto fatalmente necessario di compensazione nelle ingigantite, tecnologicamente complesse ed ecologicamente sempre più depresse città industriali e postindustriali.
Oltre alle tante funzioni rivestite dal verde urbano (estetiche-ornamentali, termoregolatrici, di depurazione dell’aria, ecc.), si pensi alle tante attività che si svolgono in parchi e giardini grazie alle aree gioco, alle strutture per attività sportive, ai percorsi ciclabili e all’importante funzione sociale e aggregativa che svolgono.
Che fosse cosa buona poter disporre di un giardino lo conferma la storia, quando ci tramanda che gli uomini oltre a complicarsi la vita con guerre e litigi, sapevano anche godersela (almeno alcuni) con splendidi giardini: si ricordano infatti come luoghi ricchi di delizie e piaceri (veri o enfatizzati) i giardini dei Faraoni in Egitto, quelli nobili e degli imperatori romani, i giardini arabi gravidi di profumi, acque e ombre, quelli austeri conventuali del medioevo.
Prima dell’epoca industriale, la grande maggioranza delle città europee venivano costruite all’interno di mura ed all’insegna del massimo sfruttamento dello spazio disponibile, con solai e muri d’ambito. Solo in casi circoscritti, come negli orti dei monasteri e, dopo il Rinascimento, nei giardini patrizi, esistevano forme di “allevamento” di aree verdi, in molti casi mantenute a scopo agricolo-produttivo.
La questione del verde urbano incomincia ad imporsi realmente solo quando in Europa le città incominciano ad espandersi oltre le mura, fenomeno che si verifica in modo più esteso durante la seconda metà del 1800.
Il tema del verde urbano inizia in questo momento storico e, con la sua affermazione, emerge anche il problema del suo disegno e della sua gestione. Nasce così il verde pubblico.
Ci si chiede spesso se nel nostro Paese si riuscirà prima o poi a raggiungere un livello di qualità del verde che si avvicini con buona approssimazione allo standard qualitativo del verde delle città centro-nord europee o nord americane, più avanzate in fatto di pianificazione del paesaggio.
Esaminando la questione sia tecnicamente che emotivamente, si può formulare una risposta positiva, non fosse altro che per la ormai scontata considerazione che senza verde le nostre città diverrebbero “vuoti ambientali”. Di conseguenza è sempre più necessario che nella trama del tessuto cittadino l’ambiente naturale ricreato trovi il suo posto.
Il tema di come progettare e curare gli spazi aperti, ed in particolare “il verde”, la componente viva dello spazio aperto pubblico, in continua evoluzione, e soprattutto delle cure richieste, è un aspetto fondamentale del disegno attuale delle città, e si impone ormai in modo indiscusso quale ambito rilevante nella pratica teorica ed operativa della progettazione.
In alcune città in Italia (nella fattispecie Torino) si realizza oggi, nell’ottica della Programmazione, Pianificazione e Progettazione il cosiddetto Sistema delle Ciclopiste, dei Parchi Urbani, Parchi Collinari, Parchi Fluviali, Alberate Urbane, Sistema delle Spine (aree verdi realizzate a seguito dell’interramento delle linee ferroviarie e dello smantellamento delle attività industriali dell’area urbana semicentrale), delle Piccole Aree di quartiere, e il Sistema Verde-Azzurro. Quest’ultimo ha dato vita ai due progetti, in corso: Torino Città d’Acque (sistema del verde delle fasce fluviali dei 4 fiumi e torrenti che scorrono nel territorio torinese: Po, Dora Riparia, Stura, Sangone) e Anello Verde (sistema di parchi collinari collegati tra loro in vetta e lungo il Po da un sistema di sentieri collinari, a costituire un vero e proprio anello, di oltre 45 km di estensione).
Il futuro? Si auspica sia sempre più verde.
Articolo a cura di Angelo Casciano, forestale
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