Nella puntata di Otto e Mezzo messa in onda su La7 lo scorso 21 febbraio è andato in scena un Silivo Berlusconi in grande spolvero, nel non facile confronto con l’ironia gentile di Beppe Servergnini. Se solo il Cavaliere non si fosse avventurato negli scivolosi meandri delle citazioni filosofiche…
«Che ci abbiano mandato a casa con un colpo di stato nel 2011 è assolutamente provato. Lo ha detto anche un filosofo tedesco, Übermar (sic), il più grande filosofo tedesco, [che] ha parlato di “a quiet coup d’état”, un tranquillo colpo di stato, senza i soldati nelle strade, senza i carri armati […]».
Di fronte alla disinvolta citazione di un fantomatico pensatore tedesco, al buon Severgnini vengono giustamente dei dubbi: «Il filosofo tedesco parla francese…». La gaffe c’è, ma è più articolata.
Prima di tutto, il filosofo cui Berlusconi intendeva fare riferimento è indubbiamente Jürgen Habermas. “Übermar” sembra una parola-baule al cui interno trovano posto Habermas e Didi-Huberman o addirittura una crasi tra Uber e Weimar. Ma sicuramente il Cavaliere aveva in mente l’illustre esponente della Scuola di Francoforte, tra l’altro già chiamato in causa nel corso di questa campagna elettorale sul profilo Twitter del magnate di Arcore:
Il filosofo tedesco di sinistra, #Habermas ha coniato l’espressione “tranquillo colpo di stato” per descrivere quello che è successo al mio #governo, l’ultimo scelto dagli italiani.
— Silvio Berlusconi (@berlusconi) 12 gennaio 2018
E fin qui si tratterebbe di uno strafalcione, di uno scambio di nomi, ma la questione merita una riflessione ulteriore. Questo richiamo ad Habermas e al coup d’état è diventato da qualche anno un tormentone cavalcato a ogni piè sospinto dalle parti di Forza Italia e dintorni. Lo cita l’ex ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, nel luglio del 2013. Nel 2014 gli fanno eco Panorama, in un articolo online sulla “congiura a palazzo contro Berlusconi”, Bruno Vespa in Italiani voltagabbana e naturalmente il sito ufficiale di Forza Italia.
Mi resta però il dubbio di Severgnini: perché citare un filosofo tedesco in traduzione (inglese, non francese, visto l’incipit «a quiet […]», come sottolinea in puntata la Gruber)? Forse Berlusconi o il suo staff avranno pescato la citazione da una traduzione inglese di un’opera di Habermas? Da una rapida ricerca, deduco che il libro in questione è Zur Verfassung Europas: Ein Essay, scritto del 2011, comparso in edizione inglese l’anno successivo col titolo The Crisis of the European Union: A Response, e nello stesso anno pubblicato (parzialmente) in traduzione italiana da Laterza col titolo Questa Europa è in crisi.
Comunque, in dubio pro reo. Vuoi vedere che i “berluscones” si ritrovavano nella biblioteca di famiglia l’edizione inglese del volume habermasiano? Capita anche a me, a volte, di acquistare dei testi in edizione UK o USA, soprattutto se la traduzione italiana tarda a uscire. Non ritrovandomi a casa The Crisis of the European Union, faccio una rapida sortita su Google Books, e fortunatamente sul libro in questione è possibile effettuare una ricerca completa sul testo. Ebbene, del «quiet coup d’état», cerca e ricerca, non c’è traccia alcuna.
Da dove sarà spuntato fuori? Certo non dall’edizione originale, in cui Habermas avrebbe al massimo utilizzato il termine tedesco per “quiet”. Cercando in Rete, appare però un articolo del 2011, un commento a caldo a Zur Verfassung Europas pubblicato sull’edizione online in lingua inglese di Der Spiegel, scritto dal giornalista ed editorialista Georg Diez. Nell’articolo di Diez vengono riprese alcune tesi del libro di Habermas: l’Unione Europea si sarebbe trasformata in una post-democrazia in cui organi dalla opinabile legittimità democratica come il Consiglio europeo si arrogano il diritto di imporre i diktat dei mercati ai responsabili dei bilanci nazionali.
Habermas afferma effettivamente: «Questa [politica] includerebbe l’utilizzo di minacce di sanzione e di pressioni su parlamenti nazionali indeboliti per rafforzare accordi non-trasparenti ed informali. In questo modo i capi di governo trasformerebbero il progetto europeo nel suo contrario. La prima democrazia transnazionale si muterebbe in un sistema per l’esercizio di una sorta di potere post-democratico, burocratico» [traduzione mia dall’inglese]. È però Diez, e non Habermas, a inserire nel suo commento al libro l’espressione «a quiet coup d’état», in riferimento appunto all’operato dei tecnocrati europei e all’accordo franco-tedesco, o meglio tra il liberalismo tedesco e lo statalismo francese, per modificare la governance europea in ossequio al volere dei mercati. È ancora il giornalista tedesco a fare l’esempio dell’Italia e della Grecia a proposito della massiccia influenza dell’Europa sulla formazione dei nuovi governi, senza tra l’altro citare espressamente Berlusconi.
Del resto, leggendo con un po’ di attenzione l’articolo, si nota come Diez non abbia virgolettato «a quiet coup d’état» o «massive influence on the formation of new governments in Italy and Greece», da non intendersi dunque come citazioni del testo di Habermas, a differenza di altri passaggi correttamente virgolettati in quanto riferimenti puntuali all’opera (ad es. «“an intergovernmental supremacy of the European Council that runs contrary to the spirit of the agreement”»).
Che poi, a dirla tutta, se Habermas ha scritto di Berlusconi è stato per criticare il suo utilizzo dell’apparato mediatico: «Accanto ai tycoons dei media come Rupert Murdoch, Silvio Berlusconi è un esempio infame. Egli ha dapprima sfruttato le opportunità legali appena descritte per l’auto-promozione politica, e in seguito, avendo preso le redini del governo, ha utilizzato il proprio impero mediatico per supportare dubbi provvedimenti legislativi a supporto del consolidamento delle proprie fortune private e assetti politici. Nel corso di questa avventura, Berlusconi è persino riuscito a cambiare la cultura mediatica del proprio paese, spostando l’enfasi dal predomino dell’educazione politica a un mercato di intrattenimento depoliticizzato […]» (J. Habermas, Political Communication in Media Society: Does Democracy Still Enjoy an Epistemic Dimension? The Impact of Normative Theory on Empirical Research, in “Communication Theory”, 16(4), pp. 411-426, novembre 2006).
Morale della favola: diamo a Diez quel che è di Diez, e ad Habermas, non a Übermar, quel che è di Habermas.
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