Aquarius, i social e la sindrome da Death Note

Ravasi

Dalla sera del 10 giugno un solo argomento invade le home di facebook di tutti gli utenti italiani: la nave Aquarius di Sos Méditerranée e di Medici senza frontiere è ferma a 35 miglia dalle coste italiane, in attesa che le autorità decidano in quale porto fare attraccare la nave. Il neo ministro degli interni italiano, Matteo Salvini, è stato chiaro e deciso nella sua risposta: la nave non può attraccare in Italia, i porti italiani devono essere chiusi! Da  queste ferme parole si innescano le facebookiane diatribe, le analisi amatoriali riguardo alle politiche internazionali, emergono le generose (per fortuna) offerte di accoglienza dei sindaci di Napoli, Messina, Reggio Calabria e Palermo, e, ciliegina sulla torta, echeggiano le parole di condanna all’Italia da parte del presidente francese Emmanuel Macron – già, proprio da parte di colui che preferisce veder morire in mezzo alla neve una donna incinta al confine francese piuttosto che accoglierla nel suo Paese. Questo lo stato delle cose, mentre sulla nave Aquarius, ospitante 629 persone, tra cui donne in stato di gravidanza e minori, la gente attende, stremata da giorni in mare e con pochi viveri a disposizione, che qualcuno li accolga in un porto sicuro.

Non è questa la sede in cui è opportuno discutere riguardo le decisioni prese dei nostri neo-governanti, la politica estera è complessa, gli equilibri tra gli Stati europei andrebbero analizzati a fondo e poi, beh, sì, diciamolo, il nostro ministro degli interni sta solo mettendo in pratica le parole per le quali è stato votato e acclamato: “basta immigrati!”. Poco importa se, mentre per questioni di visibilità dell’ordine di chiusura porti 629 persone soffrono e rischiano la vita in mezzo al mare, altre 900 persone sbarcano al porto di Catania – è vero, sono anche loro immigrati, ma sono accompagnati da navi italiane. Adesso a fare la differenza nel valore della vita di una persona non è più solo il luogo di provenienza, il colore della pelle o lo stato sociale, ma anche la nazionalità della nave che ti salva la vita.

Il dato preoccupante, però, all’interno della questione Aquarius, è un altro: la reazione dei cittadini italiani sui social. Solo una piccola percentuale degli utenti social italiani si è infatti astenuta dal commentare l’episodio, molti, anche i più insospettabili, si sono lasciati andare a opinionismi vari ed eventuali. Tra i commenti più gettonati abbiamo: finalmente l’Italia ha alzato la testa, bene, finalmente facciamo vedere che valiamo qualcosa, basta invasione, rispediteli a casa loro, mandateli negli altri Stati, voi che li volete fare attraccare siete dei buonisti, portateveli a casa vostra. Nessuno si è potuto sottrarre all’onta di odio: il cardinale Ravasi, che ha richiesto umana pietà, è stato attaccato perché invece di parlare dovrebbe portare gli immigrati in Vaticano; al comico Giobbe Covatta, famoso anche per essere testimonial di AMREF e Save the Children, sono state attribuite parole che lui non ha mai pronunciato, il cui senso era “aiutiamoli a casa loro”: di fronte alla smentita di Covatta, alcuni diffusori del fake post si sono difesi dicendo che, pur non essendo state pronunciate dall’attore, le parole del post erano comunque giuste e condivisibili, dimenticando però quanto è grave e illegale la produzione di fake news, dimenticando che è reato attribuire false dichiarazioni ad una qualsiasi persona contro il suo consenso.

Purtroppo nell’era social sembra tutto concesso, la diffusione di notizie o dichiarazioni false, le minacce o gli insulti alla più alta carica dello Stato, l’aggressione verbale, ma anche la totale assenza di umana pietà, sono atti condonabili. Nell’era della lotta all’hate speech, vince l’hate speech.

La mia domanda allora è: da dove proviene tutto quest’odio? Davvero ci sentiamo coinvolti in uno stato da Homo homini lupus al punto tale da non riuscire più a provare amore e solidarietà verso l’umanità?

Il mio sospetto è che per anni gli italiani abbiano accumulato, giustamente, frustrazione; per anni gli italiani sono stati vittime di politiche ingiuste, si sono visti soffiare da sotto il naso i loro diritti, uno ad uno, ma, distratti dalla tecnica che avanzava, si sono dimenticati di scendere in piazza a protestare! Assorbiti da schermi che continuavano a divulgare notizie di ingiustizie, reali o inventate, di cui erano vittime, gli italiani hanno sentito il bisogno di trovare un colpevole verso cui rivolgere la loro rabbia.

Mentre cresceva negli italiani la voglia di rivalsa, contemporaneamente cresceva l’illusione di punire il colpevole del loro malessere con un click. Così, come Light Yagami, protagonista del manga/anime Death Note, si erge a paladino della giustizia uccidendo coloro che a suo avviso erano ingiusti semplicemente scrivendo il loro nome su un quaderno della morte (Death Note), i social (intesi come utenti dei social network) cittadini italiani si sono ormai convinti che per uccidere il cattivo basta condividere la rabbia con un click, poco importa se il cattivo porta il nome di un politico o il volto di un bambino che muore in mare…

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  • Nasce a Palmi, cittadina della Calabria Sud. Dopo gli studi al DICAM di Messina, tra ermeneutica e politica, decide che è il momento di entrare in contatto con altre realtà. Ha avuto la fortuna di recitare nel film Mediterranea di Jonas Carpignano e di lavorare nel suo successivo film, A Ciambra. Grazie a queste esperienze vede il mondo come non l'aveva mai visto. La voglia di "tastare" tutto ciò che il mondo ha da offrire, la porta a vivere in Romania e a girovagare in autostop nell'est Europa. Adesso si è fermata nel cuore della Pianura Padana perché è lì che insegna, ma è sempre pronta ad armarsi di zaino in spalla e partire!

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